Prime Insights con Paolo Zangheri: Progettare Resilienza nell’Era Digitale

Prime Insights con Paolo Zangheri: Progettare Resilienza nell’Era Digitale

November 6, 2025

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Cosa fa davvero un Network Security Engineer? La sua missione è proteggere i dati più importanti e sensibili delle aziende. Ma il suo ruolo va ben oltre la configurazione di firewall o sistemi: è lui a progettare architetture digitali resilienti, capaci di sostenere la crescita dell’organizzazione in totale sicurezza. In pratica, è l’architetto invisibile della fiducia digitale, colui che garantisce che ogni connessione, transazione e scambio di informazioni avvenga in modo sicuro, ovunque l’azienda operi.

In questo articolo esploriamo da vicino il lavoro di Paolo Zangheri, Network Security Engineer in Prime Engineering Italy. Con oltre vent’anni di esperienza alle spalle, Paolo protegge da sempre le fondamenta nascoste del nostro mondo connesso. Raccontiamo il suo ruolo, la sua visione e il valore che porta ogni giorno ai nostri clienti.

Questa storia è anche un omaggio alla competenza e alla dedizione dei nostri consulenti nel mondo: più di 25 città globali unite dalla stessa missione: innovare, proteggere e costruire tecnologia che abilita il progresso.

 

Costruire fortezze digitali

Per Paolo, la sicurezza di rete è allo stesso tempo artigianato e vigilanza. “Ho sempre visto il mio lavoro come una combinazione di due discipline: architettura e gestione delle emergenze”, spiega. “Da un lato sono un architetto, che progetta e costruisce fortezze digitali per i clienti. Dall’altro, devo essere sempre pronto a diventare un pompiere digitale.”

Ogni giorno inizia con un controllo, analizzando avvisi di sicurezza e report di sistema in cerca del più piccolo segnale di problema: “una nuvola di fumo dove non dovrebbe essercene”. Alcuni giorni sono dedicati a quella che chiama “prevenzione incendi”: rafforzare le difese, fare simulazioni e consolidare l’infrastruttura. Altri, invece, cominciano con un allarme che richiede un intervento immediato. “In quei casi, dobbiamo agire subito per identificare il rischio, contenerlo ed eliminarlo, assicurando che le operazioni critiche del cliente possano riprendere in sicurezza. È questa combinazione di pianificazione accurata e problem-solving intenso che rende ogni giorno unico.”

 

Dalle fortezze alle città

Paolo ha visto la sicurezza di rete trasformarsi radicalmente negli ultimi vent’anni. “Sembra passata una vita da quando ho iniziato”, ricorda. “All’inizio si adottava un modello da ‘castello e fossato’. Il nostro compito era creare un buon perimetro di sicurezza attorno alla rete aziendale. Quella fortezza oggi non esiste più.”

Oggi lo scenario digitale si estende ben oltre le pareti dell’ufficio. Servizi cloud, lavoratori remoti in più continenti e dispositivi smart hanno abbattuto il perimetro tradizionale. “Ora il compito è proteggere una città globale e interconnessa, con numerosi punti di accesso.”

Anche le minacce sono cambiate. “Non si tratta più solo di creare disservizi; parliamo di attività criminali sofisticate, coordinate e con forte motivazione economica.” Il lavoro di Paolo è ora concentrato sulla resilienza. “Diamo per scontato che una violazione avverrà e ci concentriamo sulla capacità di individuarla subito, rispondere in modo intelligente e riprenderci elegantemente.”

 

Oltre gli zeri e gli uni

Paolo sottolinea che proteggere i dati sensibili inizia con la comprensione del business, non solo della tecnologia: “Progettiamo architetture forti e flessibili, in grado di evolvere con le esigenze dei clienti.” La protezione dei dati nasce da un principio umano: “Dobbiamo nutrire un profondo rispetto per il dato stesso. Dietro ogni zero e uno ci sono persone, idee e aziende.”

Questo approccio guida la sua strategia multilivello. “La protezione dei dati parte dall’integrità tramite cifratura. È come chiudere una lettera in una busta che solo il destinatario può aprire. Anche se intercettata, il contenuto rimane sicuro.”

Ma la cifratura non basta. Il messaggio deve arrivare alla persona giusta. Da qui il controllo rigoroso degli accessi. “Operiamo secondo il principio del ‘need-to-know’: come non daresti le chiavi di casa a chiunque, così ognuno deve avere accesso solo alle informazioni necessarie al proprio ruolo.”

Infine, la visibilità. “Non puoi difendere ciò che non puoi osservare. Non si tratta di sorveglianza, ma di mantenere una visione chiara e continua di ciò che accade nella rete.”

 

Una svolta sul piano di produzione

Un progetto che Paolo ricorda bene riguarda un’azienda manifatturiera alle prese con un forte rallentamento dei sistemi. “Gli strumenti indicavano traffico intenso, ma senza motivo chiaro. Il mio istinto mi diceva che stavamo guardando nel posto sbagliato.”

Ha iniziato a monitorare anche la comunicazione tra dispositivi spesso ignorati, come i macchinari industriali. Il risultato è stato inaspettato: “Una serie di sensori datati era stata compromessa e trasformata in una botnet: un esercito di macchine zombie usate per attacchi esterni.”

Allargando la definizione di “rete” del cliente, Paolo e il suo team non solo hanno ripristinato le performance, ma hanno eliminato una vulnerabilità critica. “Li ha aiutati a ritrovare fiducia nella tecnologia su cui si basava il loro business.”

 

Educare alla consapevolezza, non alla paura

Per Paolo, la vera sicurezza inizia dalle persone. “La sicurezza è uno sport di squadra, non un esercizio di polizia”, sottolinea. “Il più grande errore è accusare i clienti o spaventarli. Il mio approccio si basa su empatia ed empowerment.”

Rende i concetti di sicurezza concreti. “Una e-mail di phishing non è un attacco astratto: è qualcuno che bussa alla tua porta cercando di ingannarti. Una password debole è come lasciare la chiave sotto lo zerbino.”

Soprattutto, promuove l’apertura. “Una cultura in cui le persone si sentono sicure nel chiedere aiuto. Se qualcuno clicca su un link sospetto, deve sentirsi libero di segnalarlo immediatamente. Trasformiamo quegli episodi in lezioni.”

“L’obiettivo”, aggiunge, “è passare dalla conformità alla consapevolezza: non solo seguire regole, ma capire davvero perché la sicurezza è importante.”

 

Proteggere il progresso

“Il futuro della cybersecurity non è un unico strumento magico, ma l’intelligenza che impara e si adatta”, afferma Paolo. Intelligenza Artificiale e Machine Learning stanno trasformando il modo in cui gli ingegneri difendono le reti: analizzando miliardi di dati ogni secondo, individuando pattern impercettibili all’essere umano e rafforzando la difesa prima che un attacco inizi.

Questo cambiamento riflette una nuova mentalità. “Il modello tradizionale concedeva fiducia una volta entrati nella rete”, spiega. “Ma la Zero Trust si basa su un principio semplice e potente: non fidarti mai, verifica sempre. È come un guardiano che controlla il tuo ID non solo all’ingresso, ma a ogni porta dell’edificio.” Questa filosofia guida il lavoro di Paolo: combinare competenza umana e automazione intelligente per una sicurezza proattiva, non reattiva.